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Notizie Flash (Politica, Attualità, Cronaca e Cultura dall'Italia e dal Mondo)

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Messaggio Da lukino Ven 2 Apr 2010 - 12:03

Acqua: referendum abrogativo contro la privatizzazione.

La raccolta delle firme partirà il 24 aprile.

http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article7399





La raccolta delle firme sarà un grande
momento di azione politica collettiva

Depositati in Cassazione i quesiti referendari per l’acqua pubblica



Sono stati depositati stamattina presso la Corte di Cassazione di Roma i
quesiti per i tre referendum che chiedono l’abrogazione di tutte le
norme che hanno aperto le porte della gestione dell’acqua ai privati e
fatto della risorsa bene comune per eccellenza una merce.



La raccolta delle 500 mila firme necessarie per l’ammissione dei
referendum inizierà nel fine settimana del 24-25 aprile, una data
simbolo per quella che il Forum dei Movimenti per l’Acqua intende come
la Liberazione dell’acqua dalle logiche di profitto.



“Se il governo crede di aver chiuso la partita dovrà ricredersi, – ha
detto Marco Bersani dei Forum Movimenti per l’Acqua durante l’affollata
conferenza stampa – la coalizione che appoggia i referendum è la più
ampia aggregazione formale di movimenti, associazioni laiche e
cattoliche, forze politiche e sindacali che si sia mai riunita intorno a
un tema simile. Queste forze ci porteranno a raccogliere le firme,
approvare i referendum e votare tre sì per l’acqua pubblica”.



Presenti alla conferenza stampa anche Padre Alex Zanotelli e tre dei
costituzionalisti che hanno redatto i quesiti referendari: Stefano
Rodotà, Gianni Ferrara e Alberto Lucarelli.



“Il mezzo referendario – ha sottolineato Rodotà – è lo strumento per
rimettere in moto la politica in questo periodo di grande disaffezione,
la raccolta delle firme sarà un grande momento di azione politica
collettiva”.



Secondo Alex Zanotelli chi pagherebbe di più dalla privatizzazione
dell’acqua sarebbero i poveri, “la nostra vittoria servirà non solo nel
panorama italiano ma darà anche una scossa all’Unione Europea. Se Parigi
ha ripubblicizzato l’acqua, se nelle Costituzioni di Bolivia e Uruguay
l’acqua è definito bene comune non mercificabile, possiamo farcela anche
noi”.



A chi chiedeva una risposta al Ministro Ronchi che più volte, anche in
questi giorni, ha screditato i promotori dei referendum accusandoli di
veicolare messaggi menzogneri sulla sua legge, Marco Bersani ha risposto
con una sfida al Ministro: “Scelga lui il luogo e l’ora, noi siamo
disponibili ad un confronto, dati alla mano, sugli effetti della suo
decreto e dell’apertura ai privati della gestione dell’acqua nel nostro
paese”.
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Messaggio Da Dulcis Ven 2 Apr 2010 - 12:10

Oggi a Genova è morta un'altra persona a causa delle buche stradali.
Non apro un topic dedicato, per vari motivi.
Però volevo scriverlo ugualmente, perchè provo "schifo", profondo schifo.

Morire per una buca stradale.
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Messaggio Da Federica Ven 2 Apr 2010 - 14:26

dimostrazione di quanto chi al potere lo usi per i cittadini.. si vede che costa troppa fatica asfaltare di nuovo una strada,che stupida...
queste sono morti "inutili" nel senso che non sta ne in cielo ne in terra che uno debba morire per una cosa così,non dovrebbe proprio esistere
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Messaggio Da Trudy Ven 2 Apr 2010 - 16:09

Dulcis ha scritto:Oggi a Genova è morta un'altra persona a causa delle buche stradali.
Non apro un topic dedicato, per vari motivi.
Però volevo scriverlo ugualmente, perchè provo "schifo", profondo schifo.

Morire per una buca stradale.

L'ho letto e ho pensato di scriverlo poi ho lasciato perdere, grazie per averlo fatto..
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Messaggio Da acinom Gio 8 Apr 2010 - 23:38

lukino ha scritto:Acqua: referendum abrogativo contro la privatizzazione.

La raccolta delle firme partirà il 24 aprile.

http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article7399





La raccolta delle firme sarà un grande
momento di azione politica collettiva

Depositati in Cassazione i quesiti referendari per l’acqua pubblica



Sono stati depositati stamattina presso la Corte di Cassazione di Roma i
quesiti per i tre referendum che chiedono l’abrogazione di tutte le
norme che hanno aperto le porte della gestione dell’acqua ai privati e
fatto della risorsa bene comune per eccellenza una merce.



La raccolta delle 500 mila firme necessarie per l’ammissione dei
referendum inizierà nel fine settimana del 24-25 aprile, una data
simbolo per quella che il Forum dei Movimenti per l’Acqua intende come
la Liberazione dell’acqua dalle logiche di profitto.



“Se il governo crede di aver chiuso la partita dovrà ricredersi, – ha
detto Marco Bersani dei Forum Movimenti per l’Acqua durante l’affollata
conferenza stampa – la coalizione che appoggia i referendum è la più
ampia aggregazione formale di movimenti, associazioni laiche e
cattoliche, forze politiche e sindacali che si sia mai riunita intorno a
un tema simile. Queste forze ci porteranno a raccogliere le firme,
approvare i referendum e votare tre sì per l’acqua pubblica”.



Presenti alla conferenza stampa anche Padre Alex Zanotelli e tre dei
costituzionalisti che hanno redatto i quesiti referendari: Stefano
Rodotà, Gianni Ferrara e Alberto Lucarelli.



“Il mezzo referendario – ha sottolineato Rodotà – è lo strumento per
rimettere in moto la politica in questo periodo di grande disaffezione,
la raccolta delle firme sarà un grande momento di azione politica
collettiva”.



Secondo Alex Zanotelli chi pagherebbe di più dalla privatizzazione
dell’acqua sarebbero i poveri, “la nostra vittoria servirà non solo nel
panorama italiano ma darà anche una scossa all’Unione Europea. Se Parigi
ha ripubblicizzato l’acqua, se nelle Costituzioni di Bolivia e Uruguay
l’acqua è definito bene comune non mercificabile, possiamo farcela anche
noi”.



A chi chiedeva una risposta al Ministro Ronchi che più volte, anche in
questi giorni, ha screditato i promotori dei referendum accusandoli di
veicolare messaggi menzogneri sulla sua legge, Marco Bersani ha risposto
con una sfida al Ministro: “Scelga lui il luogo e l’ora, noi siamo
disponibili ad un confronto, dati alla mano, sugli effetti della suo
decreto e dell’apertura ai privati della gestione dell’acqua nel nostro
paese”.

Il business dell'oro blu in Italia
di Luce Manara - 24/03/2010

Fonte: Il Manifesto



Legambiente e Altreconomia denunciano l'imbarazzante caso delle tariffe irrisorie che le Regioni fanno pagare alle industrie imbottigliatrici. Più che canoni di concessione sono regali che alimentano profitti miliardari. Si salvano Veneto e Lazio

Ecco le cifre di un business che a pensare male si potrebbe chiamare truffa colossale. Ma siccome non è ancora materia per la magistratura, accontentiamoci di definirlo strano, davvero molto strano.

L'Italia tra i tanti record discutibili detiene anche quello del paese con il maggior consumo di acqua minerale pro capite del mondo (205 litri a testa), più del doppio della media europea e americana. In base agli ultimi dati disponibili di Beverfood, sono attive 189 fonti da cui attingono 321 marche di acque minerali (il 79% del prodotto viene inbottigliato nella plastica, solo 18% nel vetro). Le aziende che la imbottigliano ricavano enormi profitti per un giro di affari che sfiora i 5 miliardi di euro (tra le imprese commercializzate in Italia la San Pellegrino, gruppo Nestlé, la San Benedetto, gruppo Danone, Rocchetta e Uliveto della Co.Ge.Di. coprono da sole i tre quarti del mercato italiano). Nestlé possiede più di 260 marche in tutto il mondo (tra cui Levissima, Panna, San Bernardo, Pejo e Recoaro), Danone invece commercializza le «nostre» Ferrarelle, San Benedetto, Guizza, Vitasnella, Boario... Altri numeri, invece, spiegano perché i «signori» delle acque minerali sono così capaci di far parlare bene di sé (le miracolose doti curative delle acque minerali, dette altrimenti pubblicità ingannevoli) e nello stesso tempo così astuti nell'imbastire periodiche campagne per screditare l'acqua del rubinetto: sono i numeri delle cifre enormi che spendono annualmente per le inserzioni pubblicitarie. Attorno ai 350 milioni di euro (62% nelle tv, 14% sui quotidiani, 11% sulle radio, 10% sui periodici). Per dirne una, dopo le acque d'alta montagna che stanziano soldi per salvare i ghiacciai, è di queste ore la fondamentale notizia che il gruppo San Benedetto ha presentato un progetto per spingere i clienti al riciclo delle bottiglie di plastica. Forse, a livello di immagine, questa è la questione più antipatica per le multinazionali dell'oro blu: nel 2008, solo in Italia, sono state utilizzate circa 365mila tonnellate di plastiche, per un consumo di 693mila tonnellate di petrolio e l'emissione di 950mila tonnellate di CO2 equivalente in atmosfera. Lucrano, e inquinano.
Ma allora, se questo è il business, se è vero che la regola numero uno del libero mercato dice che nessuno regala niente a nessuno, perché mai le Regioni italiane si ostinano a regalare le proprie fonti alle società imbottigliatrici? Siglando accordi, a volte «perpetuamente», a tariffe letteralmente ridicole? La Lombardia, per esempio, dove le aziende godono di un regime di privilegio assoluto per emungere l'acqua dal sottosuolo: meno di 52 centesimo al metro cubo. Mezzo millesimo di euro, per un prodotto che al supermercato viene venduto a una cifra 1000 volte superiore.

Questo è solo uno dei tanti clamorosi esempi contenuti nel dossier Il far west dei canoni di concessione sulle acque minerali realizzato da Legambiente in collaborazione con Altraeconomia, che con un eccesso di generosità hanno anche stilato una classifica delle Regioni promosse, rimandate e bocciate. Un lavoro meticoloso che ha ottenuto la stessa eco degli strali, i soliti, del solito Ettore Fortuna, presidente di Mineracqua. «Non è accettabile - ha detto, con involontario senso dell'umorismo - l'atteggiamento di attaccare gratuitamente chi, come gli imbottigliatori di acqua minerale, si occupano di prelevare l'acqua da luoghi incontaminati e isolati per portarla fino ai cittadini, mantenendola nella sua purezza e sicurezza».

Il dossier di Legambiente, a dire il vero, se la prende con l'incomprensibile generosità delle Regioni. La Campania, per esempio - che prevede uno dei canoni più bassi per volume imbottigliato (0,3 euro per metro cubo) - se solo adeguasse il canone di 30 centesimi alla cifra di 2,50 euro potrebbe incassare 2,5 milioni di euro, rispetto ai 300mila totali. Stesso discorso vale anche per il Piemonte (la regione più imbottigliatrice di tutti, con 1,7 miliardi di litri all'anno), dove con un legittimo adeguamento del canone alla cifra di 2,5 euro passerebbe da 1,2 a 4,2 milioni di euro.

Bocciata senza riserve anche la Puglia di Nichi Vendola, «che oggi non chiede nessun corrispettivo per il volume imbottigliato (circa 92 milioni di litri) e che potrebbe invece incassare annualmente 230mila euro in più». Bocciate anche l'Emilia Romagna, insieme alla Puglia una delle regioni che ancora fanno pagare, «incredibilmente», solo sulla base della superficie della concessione e non sui metri cubi di acqua emunta o imbottigliata (19 euro per ettaro, cioé niente); le altre sono Sardegna, Molise, Calabria e Liguria.

Legambiente, «in un panorama nazionale davvero imbarazzante», promuove solo due regioni. Veneto e Lazio. La regione che sarà di Luca Zaia è quella che prevede il canone maggiore per volume imbottigliato (3 euro per metro cubo), oltre ad avere anche il primato per ettaro (118 euro in montagna, 588 in pianura). Il canone, inoltre, prevede una sorta di «premio» per le aziende che utilizzano bottiglie in vetro e per quelle che imbottigliano quantità minori di acqua. Il Lazio, invece, da quest'anno ha aggiunto un ulteriore canone di 1 euro per ogni metro cubo emunto e non imbottigliato (sono milioni i litri che vengono sprecati nelle fasi di imbottigliamento).

Legambiente, tanto per rincarare la dose, ci tiene anche a precisare che già nel novembre 2006 era stato approvato il Documento di indirizzo delle Regioni italiane in materia di acque minerali naturali e di sorgente. Prevedeva tre tipologie di canone: da 1 a 2,5% euro per metro cubo di acqua imbottigliata, da 0,5 a 2 euro per metro cubo di acqua utilizzata e almeno 30 euro per ettaro di superficie concessa. Eppure solo cinque regioni hanno adeguato i canoni alle certo non stratosferiche linee guida nazionali. Strano, perché con questi ritocchi avrebbero solo da guadagnarci. Deve essere che nel far west delle concessioni, «i nostri», non arrivano mai.
Cool

In un paesello di fianco al mio, il sindaco ha messo dei distributori d' acqua gratuita, solo per i residenti, si può scegliere tra liscia o gassata, veramente illuminato; non si inquina, l'acqua è controllata e gratuita.
Ovviamente scrivo al sindaco del mio paese perchè adotti anche lui questo sistema ma...non ho ancora ricevuto risposta. Da anni bevo quella del rubinetto e non sono ancora morta. Cool
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Messaggio Da acinom Mer 14 Apr 2010 - 1:41

LA STORIA IN PIAZZA.

Per quattro giorni a Genova – dal 15 al 18 aprile – storici, attori, registi, scrittori provenienti da tutta Europa e dagli Stati Uniti parleranno di nazioni, identità, nazionalismi, patrie, democrazia, costituzioni.



La Storia in Piazza dedica la sua prima edizione alla Nascita delle Nazioni in coincidenza con le celebrazioni per l’anniversario della partenza dei Mille da Quarto e apre le manifestazioni per i 150 anni dell’Unità Nazionale. Dalla Francia alla Germania, agli Stati Uniti, all’Italia la “nascita della nazione” ha dato luogo a culture, simboli, identità che nel corso del tempo hanno segnato la storia delle singole comunità nazionali e si confrontano oggi con i processi di globalizzazione.




Mercoledì 14

18.00.Meccanica celeste, incontro con Maurizio Maggiani. Genova: Librerie Feltrinelli, via Ceccardi 16r,


Giovedì 15

21.00.Paolo Rossi nel Mistero buffo di Dario Fo. Genova: Politeama Genovese, via Bacigalupo 2,
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Messaggio Da acinom Ven 14 Mag 2010 - 0:25

VOI SIETE QUI!
di Alessandro Robecchi.


Anche se in ritardo.....



Egregio ministro Scajola,
forse la stupirò: io non chiedo le sue dimissioni, e nemmeno chiedo che lei vada in Parlamento a discolparsi. Anzi, le chiedo il contrario, non ci vada. Lo spettacolo di Lei che balbetta la Sua versione davanti a pochi oppositori mogi che leggono il giornale, almeno quello, me lo risparmi. E mi risparmi (sono sicuro che lo farà) un gesto clamoroso come le dimissioni: le diede già una volta. e il Suo potere è rinato più forte di prima. Quel che vorrei comunicarLe anzi è il messaggio di tener duro, di resistere. Ministro Scajola, resti al suo posto. Con la sua casa di 180 metri quadri vista Colosseo che sostiene di aver pagato un terzo del prezzo di mercato, la sua presenza in questo governo del fare non è soltanto giusta, ma necessaria, direi addirittura didattica, esemplare. Per parafrasare certi western e certi film di spionaggio, caro ministro, Lei ci serve vivo, al suo posto, ben visibile. L’ottanta per cento degli italiani ha una casa in proprietà. Sa cosa vuol dire andare dal notaio, versare assegni, firmare un rogito. La proprietà di quelle case è stata strappata con i denti a forza di sacrifici, e mutui, e tassi esosi, e banche bastarde, e aiuti delle famiglie che hanno messo da parte due soldi quando Voi non c’eravate ancora. Gli italiani saranno anche smemorati e ipnotizzati dalla propaganda del Suo Capo, ma sanno che quella casa lì, sua o della sua figliola, non so bene, non la paga 610.000 euro nemmeno la Madonna di Medjugorje, che il mercato sarà scemo – io ne sono certo – ma non così scemo. Resti al suo posto, ministro. Lei è l’emblema vivente di quanto sa osare l’inosabile questa cricca che ci governa, fitta di favori, di scorciatoie, di furbizie private, di trucchi contabili, di soldi facili. Lei è prezioso ministro. E ancor più prezioso è quando piagnucola sull’attacco alla Sua famiglia. La famiglia, il grande valore della destra italiana. La famiglia, bene morale supremo a cui intestare appartamenti, patrimonio di affetti per cui chiedere compiacenze, raccomandazioni, piazzamenti di favore, assunzioni, prebende, candidature, contratti. Dietro le Vostre famiglie, signor ministro, ci sono le nostre famiglie, che trovano i posti migliori – che magari meriterebbero per merito – sempre occupati, perché le Vostre illustri casate sono arrivate prima, col lampeggiante e la corsia preferenziale. Mai che si trovi qualcuno di Voialtri, ministro, il cui figliuolo fa il manovale nel nord-est, o il precario stagionale, o la sciampista alla Magliana. La vostra rete di potere – dico vostra perché in questi giorni Lei ne è l’emblema – è questo mix medievale di privilegi e sprezzo del popolo, parola con cui vergognosamente Vi baloccate. La figlia di Scajola, i figli di Berlusconi, il figlio di Bossi, il genero di Letta, il pargolo di Pinco, la moglie di Pallino, quell’altro che vuol fare l’attore, i cognati con appalto al seguito, le nuore prestanome: il vostro amore per la famiglia è questo, signor ministro. Tanto che assistiamo in questi giorni sui giornali della destra a un fitto rimproverarsi contratti (pubblici) per mogli e suocere, tutto all’ombra del più grande conflitto d’interessi che il mondo ricordi. Il pubblico ignaro scambia questo clima da basso impero per un effetto collaterale della Vostra politica, ma si sbaglia: esso è la vostra politica, pura e semplice. Resti al suo posto, ministro Scajola. Lei ci serve per parlare con i nostri amici francesi, inglesi, tedeschi, americani (ne abbiamo, sa?) per spiegare cosa siamo diventati quaggiù. Ci è prezioso per raccontare anche ai vostri entusiasti elettori chi hanno votato veramente. Continui, la prego, a dire di aver comprato 180 metri quadri con vista sul Colosseo a 610.000 euro. Qui non si reclama la giustizia, non si chiamano i carabinieri, non si chiede aiuto alla magistratura, non si fa appello al buon senso, al buon gusto o all’onestà. Tenga duro ministro, non molli. Siamo un po’ confusi tutti, i concetti astratti non ci piacciono più, ci piacciono invece gli esempi concreti. Ogni volta che penseremo a come è immobile, bloccato, arretrato e triste questo Paese penseremo al Suo salotto, al Suo condominio signorile, ai Suoi infissi di pregio acquistati al prezzo di un trilocale marcio in periferia. E’ bello che lo spessore morale di una classe dirigente abbia una faccia, e questa volta – perdoni – è la Sua.
Cordialmente.

Molto simpatici i commenti dei lettori.
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Messaggio Da Dany71 Mar 17 Ago 2010 - 14:08

Maria Luisa Busi lascia il TG1: "Oggi l'informazione del TG1 è
un'informazione parziale e di parte"

"Caro direttore - scrive la Busi - ti chiedo di essere sollevata dalla
mansione di conduttrice dell'edizione delle 20 del TG1, essendosi
determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito
senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me -
prosegue - una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale
che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del
quale il TG1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di
credibilità nei confronti dei telespettatori.

Come ha detto - osserva la giornalista - il presidente della Commissione di
Vigilanza Rai Sergio Zavoli: 'la più grande testata italiana, rinunciando
alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua
identità, parte dell'ascolto tradizionale´.
Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perchè è un grande giornale. È
stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il
giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era
questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei
colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che
sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il
Paese. Il giornale degli italiani.

Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di
una voce sola. Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di
parte.
Dov'è il paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono
aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi
salari peggiori d'Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare
avanti perchè negli asili nido non c'è posto per tutti i nostri figli?
Devono farsi levare il sangue e morire per avere l'onore di un nostro
titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un
milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie.

Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E
i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare
neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i
cassintegrati dell'Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende
che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè
falliti? Dov'è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare?
Quell'Italia esiste. Ma il tg1 l'ha eliminata.

Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima
elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel TG1 delle 20, diamo
spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande
progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna
interattiva multimediale.
L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto
della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte - un
editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro
sull'inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato,
smentito dai fatti il giorno dopo - e l'infotainment quotidiano: da quante
volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel
lago, alle mutande antiscippo.

Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei
programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale
del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese.
Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero
dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto
profilo e interesse generale.
Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni
professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una
conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto.
Nell'affidamento dei telespettatori è infatti al conduttore che viene
ricollegata la notizia. È lui che ricopre primariamente il ruolo di garante
del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori.

I fatti dell'Aquila ne sono stata la prova.
Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al
grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che
ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. È quello che
accade quando si privilegia la comunicazione all'informazione, la propaganda
alla verifica.

Ho fatto dell'onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia
professione. Dissentire non è tradire. Non rammento chi lo ha detto
recentemente. Pertanto:
1) respingo l'accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche
che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto
oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI - le avevo già
mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di
leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la
circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un
arricchimento.

Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c'è
più alcuno spazio per la dialettica democratica al TG1. Sono i tempi del
pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo.
2) Respingo l'accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui
mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede
semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e
onesti.
E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai,
lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le
loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non
debba trarre profitto dal proprio ruolo.

3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo
l'intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato
all'azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai
accusato di `danneggiare il giornale per cui lavoro´, con le mie
dichiarazioni sui dati d'ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato
quelle dichiarazioni.
Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: 'il tg1 darà conto
delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a
campagne ideologiche´. Posso dirti che l'unica campagna a cui mi dedico è
quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire
altrettanto.

Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta
campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale
Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me
diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche
alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi
dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni.
Sono stata definita 'tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista
senza cronaca, editorialista senza editoriali' e via di questo passo.
Non è ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint
Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate risponderà il mio
legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle
20.

Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo
molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che
abbiamo bisogno.
Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il
pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del TG1, per la mia
azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori,
nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il
dovere.

Dany71
Dany71
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